mercoledì 20 gennaio 2010

Incapienza delle detrazioni d’imposta (Irpef)

Può capitare che, a causa del basso reddito o del numero elevato di familiari a carico, il lavoratore abbia diritto a detrazioni Irpef più alte dell’Irpef stessa che dovrebbe pagare.
Cioè lo sconto sulle imposte supera le imposte stesse.
In questo caso il lavoratore non deve pagare assolutamente nulla per l’Irpef, ma non riesce a sfruttare completamente le detrazioni Irpef che gli spetterebbero.
Si dice che il lavoratore è incapiente in quanto non può usufruire per intero delle detrazioni non avendo sufficiente capienza nell’imposta da pagare.
Non c’è alcun rimedio a questa situazione, se non quello di considerare la possibilità di una diversa suddivisione delle detrazioni per figli a carico tra i due genitori che però non sempre risolve la situazione.
Due eccezioni a questo principio generale sono costituite dalle detrazioni per figli a carico di genitori separati o divorziati e dal bonus famiglia che viene corrisposto per intero anche agli incapienti (vedi).

Il modello di richiesta delle detrazioni d’imposta (Irpef)

Modificato il 19/7/2011

Le detrazioni d’imposta vanno richieste ogni anno al proprio datore di lavoro ad inizio anno, compilando l’apposito modulo fornito dall’azienda.
In caso di più rapporti di lavoro nel corso dell’anno, va compilato un modulo per ogni rapporto di lavoro, indicando anche il reddito percepito dai precedenti rapporti di lavoro.
Se il lavoratore ha anche altre fonti di reddito, conviene indicare sul modulo anche l’importo presuntivo di questi redditi.
Quando la situazione familiare varia durante l’anno occorre compilare un nuovo modulo per segnalare la variazione.
Se il modulo non viene presentato, il datore di lavoro considera valido quello precedente con il rischio di vedersi calcolare un'imposta diversa da quella dovuta.

Calcolo delle detrazioni d’imposta (Irpef) per coniuge a carico

Per prima cosa occorre conoscere il reddito complessivo del lavoratore nell’anno che comprende tutti i redditi provenienti dai vari rapporti di lavoro avuti durante l’anno più eventuali altri redditi.
A questo reddito complessivo va sottratto il reddito dell’abitazione principale che si può ricavare dalla dichiarazione dei redditi.
A questo punto si ha il reddito utile per il calcolo delle detrazioni d’imposta Irpef per coniuge a carico.
Esistono tre formule di calcolo, a seconda del reddito utile del lavoratore (che chiameremo RU):
- se ha un reddito inferiore a 15.000 euro annui, la detrazione d’imposta Irpef è pari a
800-(110*RU/15.000),
- se ha un reddito compreso tra 15.000 e 40.000 euro annui, la detrazione d’imposta Irpef fissa è pari a 690 euro
- se ha un reddito compreso tra 40.000 e 80.000 euro annui, la detrazione d’imposta Irpef è pari a
690*(80.000-RU)/40.000
Non spetta alcuna detrazione d’imposta Irpef per coniuge a carico a chi ha un reddito superiore a 80.000 euro annui, mentre per i redditi compresi tra 29.000 e 35.200 euro compete una detrazione aggiuntiva di pochi euro.
Per chi è sposato solo per una parte dell’anno (per matrimonio o separazione avvenuta nel corso dell’anno), la detrazione d’imposta Irpef non spetta per intero, ma va riproporzionata secondo il periodo trascorso da coniugi nell’anno (espresso in mesi interi).
Ricordiamo che se il coniuge supera nel corso dell’anno il reddito di 2.840,51 euro, non è più a carico per l’intero anno.

Suddivisione delle detrazioni d’imposta (Irpef) per figli a carico

Le detrazioni d’imposta Irpef per i figli a carico possono essere ripartite tra i due genitori in due soli modi: o metà della detrazione ad ogni genitore (50% a testa) o l’intera detrazione al solo genitore che ha il reddito più elevato (100% a chi ha il reddito più alto).
La scelta dipende, in primis, dall’accordo o meno tra i due genitori ed, in secondo luogo, dalla convenienza fiscale della scelta.
Se i genitori vanno d’accordo tra di loro (indipendentemente dal rapporto legale che c’è tra di loro), la scelta dipende unicamente dal maggiore o minore vantaggio fiscale, le detrazioni infatti diminuiscono al crescere del reddito e occorre effettuare il calcolo di quale delle due soluzioni sia più vantaggiosa.
Se i genitori non vanno d’accordo, la normativa fiscale sceglie per loro:
- se sono sposati o convivono: 50% a testa,
- se sono separati o divorziati ed il figlio è affidato esclusivamente ad un genitore: 100% al genitore affidatario,
- se sono separati o divorziati ed il figlio è affidato ad entrambi i genitori: 50% a testa.
In questi ultimi due casi, se il genitore che ne avrebbe diritto non può usufruirne perché ha un reddito troppo basso, le detrazioni vengono riconosciute per intero all’altro genitore che deve però riversare la quota di detrazione spettante al genitore che ne aveva diritto.

Detrazioni d’imposta (Irpef) e familiari a carico

Le detrazioni d’imposta Irpef vengono riconosciute per tre categorie di familiari: il coniuge, i figli e gli altri familiari indicati dalla normativa fiscale.
E’ importante sottolineare che un familiare è considerato “a carico” solo se non possiede alcun reddito oppure se questo è inferiore a 2.840,51 euro annui.
Al superamento di tale reddito, il familiare non è considerato più “a carico” e quindi vengono a mancare le detrazioni d’imposta Irpef relative a quel familiare.
Analizzando più nel dettaglio:
1) Il coniuge: non deve essere separato, né divorziato (incluso l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio) e non sono ammesse le convivenze senza matrimonio. In altre parole il diritto alla detrazione d’imposta Irpef per il coniuge spetta solo in conseguenza del matrimonio e fino all’eventuale separazione.
2) I figli: si considerano ai fini della detrazione d’imposta Irpef i figli naturali, adottati, affidati o affiliati. Quindi in questo caso non si parla del rapporto che intercorre tra i genitori, ma del semplice fatto che siano loro figli (naturalmente o in seguito ad un provvedimento del giudice).
Per il riconoscimento della detrazione d’imposta Irpef non è necessario che il figlio sia convivente con i genitori e non vi è alcun limite di età del figlio.
La detrazione d’imposta Irpef spetta ad entrambi i genitori che la potranno dividere secondo le regole fiscali (vedi).
3) Gli altri familiari: sono i genitori (e in loro mancanza i nonni), i generi e le nuore, i suoceri, i fratelli e le sorelle.
E’ necessario in questi casi dimostrare la convivenza col parente o di provvedere effettivamente al suo mantenimento (ma non imposto dal giudice). Nella pratica difficilmente si ha diritto a tali detrazioni.

Le detrazioni d’imposta (Irpef)

Le detrazioni d’imposta sono dei veri e propri sconti sulle tasse (in particolare sull’imposta Irpef) che lo Stato riconosce ai cittadini che si trovino in particolari situazioni.
Per quanto riguarda il lavoro, esistono due tipi di detrazioni Irpef:
1) Le detrazioni d’imposta Irpef per i lavoratori dipendenti che vengono riconosciute a tutti i lavoratori dipendenti o assimilati con un reddito annuo inferiore a 55.000 euro. In questa categoria, dal punto di vista fiscale rientrano tutti i contratti di lavoro dipendente, anche quelli precari, i contratti di collaborazione (co.co.co e collaborazione a progetto), i tirocini, stage, borse di studio ecc.
2) Le detrazioni d’imposta Irpef per i familiari a carico che vengono riconosciute a tutti i cittadini che abbiano uno o più familiari considerati “a carico”

mercoledì 13 gennaio 2010

Sciopero e tredicesima mensilità

La tredicesima mensilità non spetta per i periodi di sciopero.
Viene quindi applicata alla tredicesima mensilità una trattenuta proporzionata alle ore di assenza per sciopero.

Maternità e tredicesima mensilità

E’ necessario distinguere tra loro i vari casi di assenza per maternità.
1) Congedo di maternità o paternità (la vecchia astensione obbligatoria): in generale, la tredicesima mensilità non è influenzata dal congedo di maternità.
Quindi il lavoratore dipendente in congedo di maternità o paternità ha diritto all’intero importo della tredicesima mensilità a fine anno.
Il contratto collettivo (in pochi casi) può prevedere un trattamento diverso e, quindi, una trattenuta parziale della tredicesima mensilità.
- Congedo parentale (la vecchia astensione facoltativa): la tredicesima mensilità non spetta per i periodi di congedo parentale.
Vengono quindi trattenuti dalla tredicesima mensilità tanti dodicesimi quanti sono i mesi di assenza.
- Riposi giornalieri (il vecchio allattamento): la tredicesima mensilità non è influenzata dai riposi giornalieri.
Quindi il lavoratore dipendente che usufruisce di riposi giornalieri ha diritto all’intero importo della tredicesima mensilità.
- Malattia del figlio: la tredicesima mensilità non spetta per i periodi di assenza per malattia del figlio.
Viene quindi applicata alla tredicesima mensilità una trattenuta proporzionata ai giorni di assenza.

Infortunio e tredicesima mensilità

In generale, la tredicesima mensilità non è influenzata dall’infortunio.
Quindi il lavoratore dipendente infortunato ha diritto all’intero importo della tredicesima mensilità a fine anno.
Il contratto collettivo (in pochi casi) può prevedere un trattamento diverso e, quindi, una piccola trattenuta, specialmente per i primi tre giorni di infortunio (carenza).

Malattia e tredicesima mensilità

In generale, la tredicesima mensilità non è influenzata dalla malattia.
Quindi il lavoratore dipendente in malattia ha diritto all’intero importo della tredicesima mensilità a fine anno.
Il contratto collettivo (in pochi casi) può prevedere un trattamento diverso e, quindi, una piccola trattenuta, specialmente per i primi tre giorni di malattia (carenza).

Ferie e tredicesima mensilità

La tredicesima mensilità non è influenzata dalle ferie.
Quindi il lavoratore dipendente in ferie ha diritto all’intero importo della tredicesima mensilità a fine anno.

Pagamento della tredicesima mensilità

Per i lavoratori dipendenti che rimangono in azienda fino al 31 dicembre, la tredicesima mensilità viene pagata nel mese di dicembre, entro la scadenza prevista da ogni singolo contratto collettivo.
Per i lavoratori che terminano il contratto di lavoro prima della fine dell’anno, la tredicesima mensilità viene pagata sull’ultima busta paga, insieme alle altre somme che vengono date al termine del rapporto di lavoro (ferie e permessi residui, eventuale quattordicesima mensilità).

Lavoratori precari, neoassunti, licenziati e tredicesima mensilità

I lavoratori dipendenti con rapporti di lavoro precario o atipico hanno comunque diritto alla tredicesima mensilità, secondo le regole descritte più avanti.
I lavoratori con contratto di lavoro non dipendente (collaboratori a progetto o meno, collaboratori occasionali, amministratori, lavoratori autonomi, “partite iva”, associati in partecipazione, voucher, stagisti, tirocinanti e praticanti, lavoratori in nero ecc.) non hanno diritto alla tredicesima mensilità.
I lavoratori dipendenti (precari o meno) assunti o cessati nel corso dell’anno per qualunque motivo hanno diritto a percepire 1/12 di tredicesima mensilità lorda per ogni mese intero lavorato.
Ad esempio un lavoratore assunto il 1° luglio che lavora fino a fine anno ha diritto a 6/12 di tredicesima mensilità, un dodicesimo per ognuno dei 6 mesi lavorati.
E’ più complicato il calcolo dei mesi parzialmente lavorati.
Infatti in questo caso ogni contratto collettivo prevede norme di calcolo diverse per stabilire se il mese lavorato solo in parte dà diritto ad 1/12 di tredicesima mensilità o meno.
Una regola molto diffusa, ma non generale prevede il pagamento di 1/12 di tredicesima mensilità a tutti coloro che siano stati in azienda per almeno 15 giorni nel mese.
Il contratto collettivo può però stabilire una norma diversa da questa.

Calcolo della tredicesima mensilità netta (Inps e Irpef)

Per passare dalla tredicesima lorda a quella netta bisogna togliere i contributi e l’Irpef.
Alla tredicesima mensilità si applicano i contributi Inps come su tutte le altre mensilità, quindi non ci sono norme particolari in questo caso.
Gli altri contributi minori, invece possono essere trattenuti dalla tredicesima mensilità o meno a seconda delle specifiche normative dei vari enti.
Per quanto riguarda l’Irpef, la trattenuta effettuata è basata come sempre sul reddito complessivo del lavoratore nel corso dell’anno.
Tuttavia, mentre sulle mensilità normali tale trattenuta Irepf è ridotta dall’applicazione delle detrazioni d’imposta; sulla tredicesima mensilità non si applicano tali detrazioni e quindi la trattenuta Irpef è decisamente più rilevante.
E’ per questo che solitamente l’importo netto della tredicesima mensilità è più basso di quello di una mensilità normale.
Infine, sulla tredicesima mensilità non vengono trattenute l’addizionale regionale all’Irpef e l’addizionale comunale all’Irpef.

Calcolo della tredicesima mensilità lorda

Per i lavoratori dipendenti in servizio tutto l’anno (da gennaio a dicembre), la tredicesima mensilità è pari a una normale mensilità di retribuzione.
Attenzione però, stiamo parlando dello stipendio contrattuale, cioè quello che viene indicato nella parte alta della busta paga.
Vengono esclusi tutti quegli elementi e indennità che dipendono dal lavoro effettivamente svolto nel mese.
Quindi dal calcolo della tredicesima mensilità vengono escluse tutte le indennità per lavoro notturno, a turni e simili, le indennità di trasferta, di trasporto, di cassa, di mensa, i buoni pasto e simili, lo straordinario di ogni tipo.
Pertanto la retribuzione lorda per la tredicesima mensilità può essere più bassa di quella normale.
Stesse regole nel caso di lavoratori part-time.
E’ diverso invece il caso di lavoratori dipendenti assunti o licenziati nel corso dell’anno, così come il caso di lavoratori che si siano assentati dal lavoro durante l’anno. (vedi)
Il contratto collettivo può ovviamente stabilire norme diverse da quelle generali qui esposte.